Un libro di Alberto Melloni racconta come Giovanni XXIII aprì il Concilio Vaticano II

28.01.2023

Papa Giovanni XXIII, spesso ricordato semplicemente come Papa Giovanni, o anche il papa buono, o il papa "di transizione", è sopra ogni cosa il pontefice che ha legato il suo nome a uno degli eventi che hanno segnato il XX secolo non soltanto per ciò che concerne la storia della chiesa e del cattolicesimo: il Concilio Vaticano II (1962-1965). Il libro di Alberto Melloni, "Persino la luna - 11 ottobre 1962: Come papa Giovanni XXIII aprì il Concilio" (Utet, 151 pagine, 15 Euro), descrive lo storico discorso di apertura del Vaticano II pronunciato da Angelo Roncalli, un momento cruciale in quanto con esso il papa «non si limita ad "aprire" il concilio nel senso di iniziarlo; lo apre nel senso che dischiude le possibilità che il concilio coglierà» (p. 7). In realtà i discorsi furono due: Gaudet Mater Ecclesia, ovvero l'allocuzione inaugurale mattutina durata 37 minuti e 40 secondi; e quello che è passato alla storia come il "discorso della luna" - che in un certo senso integra e interpreta l'allocuzione - pronunciato in piazza San Pietro davanti alle migliaia di donne e uomini che lì si erano radunati dando vita a una spettacolare fiaccolata serale. Un discorso consegnato in modo indelebile alla memoria anche grazie al mezzo televisivo; parole che ancora oggi risuonano in qualche modo familiari pure ai più distratti tra gli osservatori degli eventi storici. «Si direbbe che persino la luna si è affrettata, stasera - osservatela in alto! - a guardare a questo spettacolo. Vi è che noi chiudiamo una grande giornata di pace; di pace: "Gloria a Dio, e pace agli uomini di buona volontà"», uno spettacolo della cui consistenza storica il papa è ben consapevole. Il Concilio Vaticano II, infatti, pone fine a quella che Alberto Melloni definisce l'egemonia della Chiesa piagnona per dischiudere le porte a una nuova epoca in cui la fede e la pratica religiosa «sono diventate frutto di un annuncio nella fede, nel culto, nella pratica ascetica» (p. 7).

Angelo Giuseppe Roncalli era stato eletto per essere un papa "di transizione", dopo il lungo e complesso pontificato di Pio XII. La sua esperienza nel difficile compito di successore di Pietro durò solo quattro anni e poco più di duecento giorni, un tempo breve che però ha rappresentato uno snodo fondamentale per quella che viene definita una "transizione epocale" per la Chiesa cattolica e non soltanto per essa. Il Concilio Vaticano II ha segnato nette discontinuità rispetto ai concili precedenti soprattutto per merito della prospettiva teologica - che egli stesso definiva "pastorale" - di papa Giovanni XXIII, un "convito di grazia" e dalla vocazione ecumenica all'interno del quale per la prima volta non ci si concentrava sulle condanne e al quale furono invitati come osservatori anche i "fedeli delle Chiese separate". Un'assise che il papa lasciò preparare quasi totalmente dalla curia romana, trattenendo per sé pochissime decisioni e pochissimi nodi fino all'11 ottobre 1962, quando era già ben conscio della malattia che lo avrebbe portato alla morte.

Alberto Melloni, una delle voci più autorevoli della ricerca storica sul cristianesimo e segretario della Fondazione per le Scienze Religiose di Bologna, racconta in modo agile e appassionato quel momento e i particolari della giornata, a partire dai due discorsi sulle ragioni del Concilio che Giovanni XXIII aveva voluto, del "suo" concilio. Il discorso mattutino fu tenuto in San Pietro al cospetto dell'episcopato di tutto il mondo e degli osservatori delle altre Chiese; quello serale - non preventivato - in piazza San Pietro. Due discorsi per altrettanti momenti che svelano i due lati della struttura spirituale di Giovanni XXIII, ovvero la sua capacità di cogliere e riformare il patrimonio della grande tradizione della Chiesa, e quella di essere maestro e punto di riferimento dei fedeli comuni. All'allocuzione di inaugurazione del Concilio Vaticano II, pronunciata in latino, studiata al millimetro, scritta e riscritta, fa da controcanto il discorso informale della sera, improvvisato in italiano, nella sua cadenza bergamasca, in cui riprende e quasi traduce le dimensioni di paternità e fraternità che il Concilio chiedeva alla Chiesa. L'umanità e la semplicità della storica frase: «Date una carezza ai vostri bambini e dite: "Questa è la carezza del papa"», rappresentano - per la Chiesa, per il cattolicesimo e per i fedeli di tutto il mondo - l'inizio di una rivoluzione.

Massimiliano Palmesano