“Musica e trance”: un libro di Gilbert Rouget sui fenomeni di possessione

07.02.2022

La musica colpisce dritto alla sensibilità più profonda: scandire il tempo e produrre melodie a immagine e somiglianza dei suoni della natura è stata una delle prime attività umane. Relegare la relazione tra essere umano e musica a mero piacere riduce la portata di uno strumento che si pone come ponte tra la realtà normalmente percepita e stati alterati di coscienza.

Uno dei libri che più ha approfondito la questione e che rimane uno dei manuali da tenere sempre sotto mano quando si affronta l'argomento, è il volume di Gilbert Rouget "Musica e trance - I rapporti fra la musica e i fenomeni di possessione" (Einaudi, 490 pagine, 30 Euro) ristampato per la seconda volta, in una nuova edizione, nel 2019. "L'etnomusicologo francese compie una straordinaria sintesi della letteratura antropologica, etnomusicologica e storico-religiosa allora esistente sull'argomento, proponendo una tassonomia dei vari dispositivi tradizionali e precise ipotesi o, per usare sue parole, << un primo tentativo di terra generale>> sui rispettivi ruoli che musica, danza, rito e finalità religiose e terapeutiche giocano nello << strano meccanismo>> della trance, a cominciare da quella di possessione da lui osservata sul campo".

Nel libro, attraverso un'analisi transculturale, vengono analizzati i motivi per i quali gli individui attraverso la musica hanno esigenza di accedere a stati alterati coscienza, dalla Siberia al Vietnam all'Europa, studiando sia culture che nei secoli hanno poco modificato il loro approccio alla musica e alla danza estatica sia nuove correnti giovanili tanto demonizzate (forse è proprio il termine più adatto dato che stiamo parlando di fenomeni di possessione) dalla cultura dominante come i Rave Party.

"Non accontentarsi di essere quel che si è, sembra sia un privilegio della nostra specie e si direbbe che, fin dai tempi più remoti, i suoi rappresentanti si siano comportati come spinti dal bisogno di modificare quanto meno il loro aspetto esteriore e, così facendo, di camuffare in qualche modo ciò che hanno ricevuto per nascita": così l'incipit della prefazione ci fa immergere nello scritto di Gilbert Rouget, una riflessione che va al di là della musica, importante anche per chi - assurdamente - non l'ascoltasse o la ritenesse un fenomeno di semplice intrattenimento.

Dario Palmesano