"Luna Rossa": un'avventura del detective Harry Hole nel romanzo di Jo Nesbø

14.05.2023

Stavolta per Harry Hole non si tratta di tornare, ma di resuscitare : "Harry abbassò lo sguardo sulla carta di credito. Conto svuotato. Missione compiuta: bersi tutto quanto. Niente soldi, niente giorni, niente futuro. Alla pensione, sotto il materasso, c'era la vecchia Beretta comprata dal senzatetto. Aveva tre proiettili. Restava da capire se avrebbe avuto abbastanza fegato per farla finita".

Un amico spacciatore di coca, uno sbirro corrotto e uno psicologo malato di cancro: è questa la squadra che Harry Hole è riuscito a mettere insieme nel romanzo di Jo Nesbø, "Luna Rossa" (Einaudi, 592 pagine, 21 Euro). E chissà se ce la farà a salvarlo dal precipizio. Senza piú un ruolo nella polizia, Harry è a Los Angeles al preciso scopo di ammazzarsi di alcol; ma Lucille, una vecchia attrice che ha sottratto alla furia di un cartello della droga, gli ha offerto un posto in cui stare, un po' di amicizia e dei vestiti decenti. Nel frattempo, a Oslo, un immobiliarista sospettato di aver ucciso due ragazze lo cerca come investigatore privato; Harry rifiuta, non è piú il leggendario detective di un tempo. Ma quando il cartello prende Lucille in ostaggio, il solo modo per tirar su i soldi del riscatto è riunire una squadra di reietti come lui e accettare l'incarico.

Ecco un altro assaggio del libro: "Lui guardava fisso di fronte a sé, e sembrò pensare alla risposta prima di annuire. Lei lo studiò mentre beveva. Era alto, anche seduto accanto a lei al bancone del bar la sovrastava. Doveva avere almeno dieci, vent'anni in meno dei suoi settantadue; era difficile dirlo, con gli alcolizzati. Il viso e il corpo parevano scolpiti nel legno: magri, netti e severi. La carnagione pallida, il naso cosparso da un reticolo di vene blu e gli occhi iniettati di sangue, con le iridi del colore dei jeans slavati, erano testimoni di una vita dura. E di bevute forti. E di cadute nell'abisso. E forse anche di passioni travolgenti perché, nel mese in cui era diventato un habitué del Creatures, lei aveva scorto il dolore nel suo sguardo. Era come un cane bastonato, scacciato dai suoi simili, sempre solo in fondo al bancone. Vicino a Bronco, il toro meccanico che Ben, il proprietario del bar, si era portato via dal set di Urban Cowboy, un mega flop in cui aveva lavorato come trovarobe. Un promemoria del fatto che Los Angeles non era una città costruita sui successi cinematografici, ma su un mucchio di spazzatura fatto di fallimenti finanziari e umani".

C. S.