La Germania sotto le bombe in un libro di W. G. Sebald: “Storia naturale della distruzione”
Il libro di W. G. Sebald, "Storia naturale della distruzione" (Adelphi, 152 pagine, 17 foto bn, 12 Euro, traduzione di Ada Vigliani), racconta che per molti anni, anzi quasi fino a oggi, vi è stato in Germania un argomento tabù per eccellenza: la distruzione senza precedenti causata nella seconda guerra mondiale da oltre un milione di tonnellate di bombe, che piovvero su centotrentuno città tedesche provocando seicentomila morti fra i civili e sette milioni di senzatetto. Poiché i tedeschi erano colpevoli e dovevano elaborare la loro colpa, ciò che un intero popolo aveva patito era destinato a passare sotto silenzio. Quando nel 1997 Sebald trattò questo tema in una serie di memorabili lezioni a Zurigo – ed erano lezioni, si badi bene, di poetica –, sapeva benissimo di toccare un nervo scoperto. E nessuno come lui si sarebbe rivelato capace di farlo.
Nato in Germania, W.G. Sebald (1944-2001) è vissuto dal 1970 in Inghilterra, dove ha insegnato Letteratura tedesca contemporanea presso la University of East Anglia a Norwich. Fra le sue opere ricordiamo Secondo natura (1988; Adelphi, 2009), Vertigini (1990; Adelphi, 2003), Gli emigrati (1992; Adelphi, 2007), Gli anelli di Saturno (1995; Adelphi, 2010), Soggiorno in una casa di campagna (1998; Adelphi, 2012), Il passeggiatore solitario (1998; Adelphi, 2006), Austerlitz (2001; Adelphi, 2002) e Tessiture di sogno (2003; Adelphi, 2022). Storia naturale della distruzione, che raccoglie una serie di conferenze tenute da Sebald nell'autunno del 1997, è apparso per la prima volta nel 1999.
Si legge tra l'altro nel libro: "È difficile riuscire oggi a farsi un'idea anche solo vagamente adeguata dell'immane devastazione che si abbatté sulle città tedesche negli ultimi anni della seconda guerra mondiale, e più difficile ancora riflettere sull'orrore che accompagnò tale devastazione. Anche se dagli Strategic Bombing Surveys degli Alleati, dai rilievi dell'Ufficio federale di statistica e da altre fonti ufficiali risulta che la sola Royal Air Force sganciò sul territorio nemico un milione di tonnellate di bombe in quattrocentomila incursioni, che delle centotrentuno città attaccate – alcune solo una volta, altre a più riprese – parecchie vennero quasi interamente rase al suolo, che fra i civili le vittime della guerra aerea in Germania ammontarono a seicentomila persone, che tre milioni e mezzo di alloggi andarono distrutti, che alla fine del conflitto i senzatetto erano sette milioni e mezzo, che a ogni abitante di Colonia e a ogni abitante di Dresda toccarono rispettivamente 31,4 e 42,8 metri cubi di macerie – anche se tutto questo ci è noto, non sappiamo però che cosa significhi nella realtà. Quell'opera di annientamento, senza precedenti nella storia, entrò negli annali della nuova nazione che andava allora costituendosi soltanto sotto forma di vaghe generalizzazioni, e sembra non aver quasi lasciato postumi dolorosi nella coscienza collettiva; un'opera di annientamento che è rimasta in larga parte esclusa dalla consapevolezza di sé elaborata a posteriori dalle vittime, che non ha mai svolto un ruolo rilevante nelle discussioni relative allo stato d'animo profondo del nostro paese e che – come avrebbe constatato in seguito Alexander Kluge – non ha mai assunto i connotati di esperienza-simbolo nell'immaginario collettivo. Ma ciò rappresenta un insieme di circostanze assolutamente paradossale, se si pensa a quante persone furono in balìa di quegli attacchi – per giorni e giorni, mesi e mesi, anni e anni – e per quanto tempo, nel lungo dopoguerra che ne seguì, esse dovettero misurarsi con conseguenze tali da soffocare (come era logico attendersi) qualsiasi atteggiamento positivo nei confronti della vita".
M. P.