Una sola lettera fluviale a uno sconosciuto nel sorprendente libro di H.P. Lovecraft

Il libro di H.P. Lovecraft, "Potrebbe anche non esserci più un mondo" (Adelphi, 161 pagine, 14 Euro, a cura di Ottavio Fatica), è l'altra inimmaginabile faccia dello scrittore in una sola lettera fluviale a uno sconosciuto, che forse incarna il suo lettore ideale. Chi conosce Lovecraft come l'allampanato maestro del mostruoso, autore di un'opera che ha segnato la narrativa horror e lasciato un'impronta indelebile su tutti i successori, deve prepararsi a una grossa sorpresa: dopo la sua morte si è rivelato uno dei più copiosi epistolografi di ogni tempo. E quasi un'altra persona. Gli amici, che hanno conservato le sue lettere, ne ricaveranno una scelta di circa un migliaio raccolte in cinque volumi, ma l'intero corpus pare ammonti ad almeno centomila, scritte tra i venti e i quarantasette anni, e diventate, nell'ultima stagione, un'occupazione a tempo pieno. Come rendere l'idea di una corrispondenza di tali spropositate dimensioni? Non restava che prendere una sola lettera, la più lunga, e consegnarla al lettore in forma di libro. Si scoprirà così l'universo quotidiano di Lovecraft, ben lontano da quello che traluce dai racconti, e un uomo totalmente diverso: sobrio, pacato, pieno di troppo sano buon senso – l'altra faccia della sua follia – da offrire all'ignoto destinatario, che già dalla prima pagina scompare. Come un serial killer che alla fine di una lunga giornata, dal suo buen retiro di Providence, ci indottrina sulle grandi epoche storiche, loda la compagnia e la natura, e da critico sempre acuto e rassegnato dell'età moderna ci fa i suoi migliori auguri per l'avvenire.
Ecco un assaggio del libro: "Per quanto riguarda la bellezza di Chicago, probabilmente tutto dipende dai criteri di valutazione. Per me non sarebbe bella di sicuro, priva com'è di ogni pastosità e fascino – di ogni impercettibile vestigio o traccia di una crescita graduale –, ma in senso forte, sintetico, geometrico è senz'altro avviata a una studiata sontuosità, a un'eleganza progettuale, con un che di monumentale nella sua imponenza, e le altre città fanno fatica a stare al passo. Certo, io non l'ho vista, ma per farmene un'idea mi baso sulle immagini. Vederla non m'interessa più di tanto, anche se le darò comunque un'occhiata quando mi deciderò ad andare a trovare degli amici nel Wisconsin, come mi riprometto da tempo. Mi spiace che i lavori per l'impianto idraulico, con l'impegno che richiedevano, tu abbia dovuto sbrigarli da solo, ma c'è di buono che se non altro hai ottenuto risultati tangibili. Se il tempo fosse più clemente mi piacerebbe assai darti una mano: vuoi che dopo aver lottato con la penna stilografica del revisore mi lasci spaventare da vanga e piccone? L'acqua corrente si dimostrerà senz'altro un bene prezioso: quel tipo di comodità rappresenta il lato vantaggioso del meccanicismo quando è ancora sotto il controllo dell'uomo, un meccanicismo che non lo controlla e non ne disgrega i valori, gli usi e i costumi. No, non avrei mai consigliato agli antichi romani di rinunciare anche a un solo acquedotto. E veniamo alla questione artistica: ritengo che a questo punto ci siamo fatti tutti e due almeno un'idea di fondo di ciò che passa per la testa dell'altro. Mi rendo conto che le critiche attuali alla «civiltà» americana fanno presto a indisporti, e devo ammettere che a muoverle in forma peraltro smodata è troppo spesso gente che per gusto e conoscenza non ha gli strumenti adeguati; bisogna tuttavia fare attenzione a distinguere tra ciò che è valido e ciò che è infondato e stabilire se, a ben vedere, la critica si applica alla corrente culturale ereditaria autentica alla quale apparteniamo".
A. P.