Un libro di Paola Bastianoni indaga l’esigenza di narrare il lutto e il dolore

18.04.2023

Il libro di Paola Bastianoni, "Narrare il lutto – Una prospettiva psicodinamica" (Carocci, 93 pagine, 12 Euro), è un'indagine intorno alle modalità culturali e sociali di costruzione di significati condivisi rispetto al rapporto con la morte. Il saggio, che è parte della collana "Biblioteca di testi e studi", documenta un ampio lavoro di scavo su temi connessi alla morte, al lutto e alla perdita realizzato nell'ultimo decennio dal laboratorio di ricerca dell'Università degli Studi di Ferrara "Uno sguardo al cielo". La ricerca ha intercettato le diverse sfaccettature di un bisogno umano fondamentale: la necessità di "addomesticare" l'idea oscura e ignota della morte attraverso processi di costruzione del pensiero e della narrazione dei legami che si instaurano in vita. Secondo l'autrice, le narrazioni hanno il potere di risignificare i processi di negazione e di rimozione che, quali sistemi di difesa, agiscono sulla volontà di allontanare il dolore, quasi avessero il potere di esorcizzare la morte stessa. Un'indagine su quei particolari meccanismi prodotti culturalmente che lo storico delle religioni e antropologo Ernesto de Martino aveva indagato nella sua analisi sul pianto rituale antico. Si tratta di meccanismi culturali, diffusi universalmente, atti a "destorificare" l'esperienza negativa dell'incontro con la morte.

Il libro di Paola Bastianoni si concentra sul concetto di "mente narrativa" e delle sue dinamiche, dalla costruzione del pensiero a quella che viene definita la "riparazione del lutto" (cap. 1). Il dolore che si prova per un lutto è "un'esperienza alla quale nessun essere umano può sottrarsi" (p. 20) e per tale ragione le diverse culture hanno costruito tecniche psicologiche e sociali per confrontarsi con la perdita ma anche con sé stessi. La ricerca scandaglia i diversi gradi del valore narrativo nell'esperienza del lutto, sia in giovane età sia in età adulta (cap. 2): anche nelle società contemporanee il "più grande ostacolo all'elaborazione del lutto […] è il disconoscimento stesso della morte, a partire da quelle regole sociali che governano la nostra quotidianità e che impongono di non soffermarsi, di non pensare, di non rammentare un dolore che deve essere dimenticato" (p. 27). In tali condizioni, il più delle volte, è solo il credo religioso che "fornisce opportunità diversificate per quanto riguarda il rapporto con la vita e con morte"; in particolare, è la venuta del cristianesimo che "elegge la morte come anello di congiunzione tra un prima e un dopo" (p. 41); è il cristianesimo che permette la nascita della grande narrazione dell'eternità (cap. 3). Una parte consistente del saggio è dedicata alle dinamiche di narrazione della morte ai bambini, ai sistemi di educazione al lutto e alla perdita (cap. 4).

Il testo è un utile strumento per tutti i professionisti delle relazioni di aiuto, per gli insegnanti, gli educatori, gli studenti di Psicologia e di Scienze dell'educazione e, in generale, per tutti coloro che desiderano attenuare il silenzio e la solitudine che le perdite determinano nel modo di concepire la sofferenza. L'autrice è professore associato di Psicologia dinamica all'Università degli Studi di Ferrara, dove dirige il master in "Tutela, diritti e protezione dei minori" e il "Laboratorio di ricerca e intervento sulle tematiche del morire".

Massimiliano Palmesano