Un dio genuinamente greco: mito e culto di Dioniso in un libro di Walter H. Otto

Inaudita e ingannevole è la presenza di Dioniso, il nemico dei tessitori, il dio che scioglie e dissolve, «la cui manifestazione trascina gli umani alla pazzia». Attraverso pagine dense e affascinanti su "Mito e culto", il libro di Walter F. Otto, "Dioniso" (Adelphi, 285 pagine, 16 Euro, a cura di Giampiero Moretti), ci conduce alla scoperta di un dio straordinario, e, come già Nietzsche prima di lui, si fa esegeta della complessità dionisiaca per cristallizzare quell'irriducibile singolarità che è stata la forma greca del divino. Da semplice opposto della ragione, l'irrazionale assume nella lettura di Otto l'aspetto di Dioniso stesso, in cui la contraddizione è duplicità sensibile e piena di senso. E in quella che emerge come tesi portante, fra le più sorprendenti, del libro, Dioniso si rivela un dio genuinamente greco – non proveniente dall'Asia Minore come spesso ipotizzato –, dunque piena espressione di quel «divino grecamente sperimentato» che, secondo Otto, rappresenta «un'eccezione nella storia dell'umanità».
«Il fragore con cui avanzano Dioniso stesso e il suo seguito divino, il fragore provocato dalla folla umana invasata dal suo spirito, è un autentico simbolo dell'irrompere del soprannaturale. Con il terrore che allo stesso tempo è anche estasi, con un'eccitazione che somiglia alla paralisi, con la sopraffazione di ogni normale e consueta impressione sensibile improvvisamente l'inaudito fa il suo ingresso nell'esistenza. E nell'attimo del suo culmine è come se il folle frastuono fosse in realtà il più profondo silenzio».
"Anche generalizzazioni come il «dio della vegetazione », il «dio della morte» e simili, nelle quali oggigiorno si costringono così volentieri alla fuga le viventi figure degli dèi, ritenendo di rinvenirvi le concezioni originarie della coscienza religiosa, non sono altro che morti concetti. Come avrebbero potuto appagare la devozione, elevare lo spirito e dar vita alle potenti forme del culto? Da un concetto non nasce nessuna vita, e se le grandiose figure degli dèi, che furono in grado di mettere in movimento lo spirito creatore della più geniale fra le civiltà, debbono essere comprese storicamente, nessuna posizione potrebbe essere più improduttiva di questa.
Il culto stesso, alla cui testimonianza si dà massima fiducia, potrebbe i insegnare che, nella fede dei tempi più antichi, fertilità e morte non appartenevano a due ambiti separati. Chi ne seguisse le tracce dovrebbe infine scoprire anche quelle sfere esistenziali più ampie a partire da cui, in verità, il divino ha parlato alla fede viva".
M. P.