Tra Mogol e Derrida: la filosofia di Lucio Battisti in un libro di Massimo Donà

Il libro di Massimo Donà, "La filosofia di Lucio Battisti" (Mimesis Edizioni, 142 pagine, 14 Euro), si propone di mettere in luce l'itinerario di Lucio Battisti e di restituire il senso di un'esperienza musicale straordinaria, protagonista assoluta in Italia per almeno venticinque anni, dalla seconda metà degli anni Sessanta fino all'uscita del disco Hegel, nel 1994.
Massimo Donà interroga filosoficamente – o, si potrebbe dire, "hegelianamente" – l'avventura musicale unica del cantautore, interpretandola come un processo di progressiva decostruzione della "forma canzone". Attraverso un'analisi attenta, il libro individua gli snodi decisivi di questa incredibile vicenda artistica, offrendo una nuova prospettiva sulla sua evoluzione.
Ha scritto tra l'altro Massimo Donà: "Se la filosofia della seconda metà del Novecento è caratterizzata dal concetto di "decostruzione" - coniato per la prima volta da Derrida -, risulta quanto mai curioso che, anche in altre forme espressive, e sempre nei medesimi anni, ci si sia ritrovati impegnati in un'opera di radicale destrutturazionc dei modelli ereditati dal passato. Anche il mondo della musica leggera, infatti, avrebbe subìto un'analoga messa in questione; e in particolare ad opera di un musicista, compositore e cantante, capace, come nessun altro, di rivoluzionare il modo di scrivere musica, ma soprattutto di eseguire e concepire — nel senso più lato — la "forma-canzone". Il fatto è che l'impaziente genio di Poggio Bustone ha iniziato molto presto a sforzarsi per "liberare" la forma della canzone dalle gabbie formali che avevano sempre costretto a rispettare la sequenza strofa-ritornello. Già a partire da 29 settembre (capolavoro portato al successo dall'Equipe 84 nel 1967), il modello riconducibile ai più famosi standards della prima metà del Novecento, viene abbandonato o, peggio ancora, fatto saltare letteralmente in aria. Lo stesso sarebbe accaduto, pochi mesi dopo, con Nel cuore, nell'anima; in cui il magma sonoro, sempre più indefinito, sembra svolgersi più come una piccola sinfonia che come una tradizionale canzone di musica leggera". Insomma, Lucio Battisti tra Mogol e Derrida.
M. P.