Testi di Enzo Moscato al Teatro Mercadante di Napoli, regia di Roberto Andò

08.12.2025

Al Teatro Mercadante di Napoli – riferisce un comunicato stampa -, dal 10 dicembre 2025 al 7 gennaio 2026, è in programma "Non posso narrare la mia vita", drammaturgia e regia di Roberto Andò. A quasi due anni dalla scomparsa di Enzo Moscato, Roberto Andò gli rende omaggio con un lavoro che intreccia alcuni dei suoi testi più rappresentativi con Gli anni piccoli, "un tentativo volutamente frammentario, sinuoso ed elusivo, d'autobiografia adolescenziale e allo stesso tempo esercizio critico, d'astrazione e di meditazione, strenuo e appassionato sulla scrittura". Filosofo, poeta, drammaturgo, regista, attore, Enzo Moscato, insieme ad Annibale Ruccello e Manlio Santanelli, è stato esponente di spicco di quella che negli anni Ottanta è stata definita la nuova drammaturgia napoletana. In più di quarant'anni d'attività, nei suoi lavori ha combinato la tradizione drammaturgica napoletana con il pensiero di autori e teorici del Novecento, come Artaud, Genet, Lacan, Pasolini. La sua inconfondibile scrittura – spesso un musicale e disinvolto miscuglio di dialetto napoletano, italiano, francese, spagnolo, inglese, tedesco, greco, latino – è stata capace di farsi materia e scena, di scavare profondamente nelle viscere e nell'animo umano, di farsi espressione della fragilità concreta e metaforica del corpo di Napoli. «Non posso narrare la mia vita», afferma Enzo Moscato in quel frammento autobiografico che è Gli anni piccoli, un'opera rivolta a rintracciare le tracce dell'insorgere della sua vocazione teatrale nell'infanzia e adolescenza trascorse nei Quartieri Spagnoli. Si tratta di agglutinazioni visionarie, sprazzi di vita rivissuti con l'occhio e l'orecchio dello sciamano: buchi, faglie, crepe di una memoria a brandelli e solo successivamente ricucita. Un diario d'autore che disprezzava le imposizioni della realtà, preferendo a quest'ultima la vita fantasticata, la musica della reverie. Da questo piccolo libro Roberto Andò è partito per immaginare uno spettacolo intorno al mondo di Enzo Moscato, scivolando delicatamente nella penombra della mente di un poeta che sta a Napoli come Kavafis sta ad Alessandria. Come scrisse Anna Maria Ortese a proposito di Elsa Morante, anche Enzo Moscato ha fatto un giuramento all'Invisibile. E questo, più che un semplice spettacolo, rischia di diventare un appuntamento postumo con la sua voce indimenticabile.

Nota di regia di Roberto Andò: «Il poeta non ha biografia: la sua opera è una biografia», scrive Octavio Paz. «Non posso narrare la mia vita» dice Enzo Moscato in quel frammento autobiografico che è Gli anni piccoli, un racconto in cui segue le tracce nascoste della sua vocazione teatrale nell'infanzia e adolescenza vissute ai Quartieri Spagnoli. Sono agglutinazioni visionarie, sprazzi di vita ripercorsi con l'occhio e l'orecchio dello sciamano. Buchi, faglie, crepe di una memoria a brandelli e solo a posteriori rammendata. Il diario di uno scrittore che odiava la realtà. Che alla realtà preferiva la vita fantasticata, la musica dell'invenzione e della rêverie. «Un libro che traduce», scrive nella prefazione Enrico Fiore, «tutta la grazia e tutta la maledizione del teatro, costretto per sua natura a fingere la vita nel momento stesso in cui vive». Sono partito da questo piccolo libro per immaginare uno spettacolo intorno al mondo interiore di Enzo, accostandomi delicatamente alla penombra della mente di un poeta che sta a Napoli come Kavafis sta ad Alessandria. Come scrisse Anna Maria Ortese a proposito di Elsa Morante, anche Enzo Moscato ha fatto un giuramento all'Invisibile. E questo più che un semplice spettacolo rischia di essere un appuntamento postumo con la sua voce indimenticabile.
L'ho conosciuto molti anni fa, Enzo. La prima volta, a Palermo, me lo presentò Franco Scaldati. Poco dopo, ci siamo ritrovati entrambi giurati del premio Riccione, quando ne era presidente Franco Quadri e a farne parte erano personalità come Luca Ronconi, Giorgio Pressburger, Renato Palazzi, Cesare Garboli, Luca Doninelli. Enzo se ne stava volentieri per i fatti suoi, ma un paio di volte mi chiese di andare a cenare insieme e furono le due occasioni in cui ci conoscemmo meglio. Era timido, riservato, ma a tu per tu si apriva di più. Era curioso di Palermo e gli piaceva confrontarne la vita teatrale con quella di Napoli. Era spiritoso, ironico, con uno sguardo da mago in cui si leggevano gentilezza, malinconia e sapienza. Citava filosofi e poeti più che autori di teatro. Furono serate anche divertenti, e ridemmo molto. Condividevamo l'essere insieme meridionali e anti-meridionali, europei e cosmopoliti, totalmente estranei alle illustri tradizioni dei nostri luoghi d'origine. Franco Quadri gli aveva detto che ero amico di Kantor e lui mi fece un interrogatorio su Tadeusz. Gli raccontai che amava stare seduto per ore al caffè, bevendone lunghi sorsi, guardando l'umanità che gli scorreva davanti per selezionarne tipi congeniali alla sua compagnia, il Cricot. E gli ripetei quella frase folgorante che mi aveva detto un giorno a Parigi, «per fare teatro bisogna prima cercare il luogo della vita». Mi sorrise sornione, e disse: «È proprio vero». Il luogo della vita non lo troveremo mai e, forse, ci deluderebbe trovarlo. Questa consapevolezza non ci esime dal cercarlo. «Il teatro è impossibile», diceva Enzo. Al di là del cul del sac filosofico cui questa verità rinvia, riconduce lo scrittore a una genealogia di contestatori del teatro che non hanno potuto fare a meno di praticarlo sino all'ultimo. Enzo Moscato, in effetti, è stato un contestatore del teatro, un poeta che ha cercato nel teatro il luogo della vita, l'acquario evanescente e ardente della sua anima.Non posso e non voglio dare una ermeneutica della sua opera di drammaturgo, preferisco rivedere, nella memoria, il suo volto elegante, da sciamano. Rivederlo nelle foto che sono rimaste, nei frammenti di filmati che si trovano in rete. Preferisco risentire le sue canzoni, cantate con una voce struggente e malinconica, anche quando è divertita, eccitata, irridente. Preferisco convocarlo nella mia mente, attraverso le sue parole, come si convocano i grandi poeti. Preferisco valutarne l'assenza, misurando il vuoto che ha lasciato. So che ha capito Napoli come pochi, e che ne ha capito l'anima grande e terribile, divenendone un profeta. E so che le parole dei profeti si rivelano nel tempo. Kantor diceva che per il teatro la parola rappresentazione è inadeguata, come pure interpretazione. Sosteneva, approfittando della meravigliosa ambiguità della lingua francese, che il teatro è un modo di jouer avec…, giocare con qualcuno. Con i fantasmi della vita, forse. Ecco, io e gli altri straordinari compagni di questa avventura, Lino Musella in primis, avremo il privilegio di jouer avec Enzo. Sarà una festa, o una di quelle cerimonie rituali ipnotiche in cui si perdono i confini dello spazio e del tempo, un appuntamento speciale in cui le parole del poeta Enzo Moscato si faranno incantesimo e strazio".

Crediti – "NON POSSO NARRARE LA MIA VITA" da Gli anni piccoli e altri testi di Enzo Moscato, drammaturgia e regia di Roberto Andò. Con Lino Musella, Tonino Taiuti, Flo, Lello Giulivo, Giuseppe Affinito e Vincenzo Pasquariello, Ivano Battiston, Lello Pirone, Eleonora Limongi. Voci e corpi della città Nikita Abagnale, Mariarosaria Bozzon, Francesca Cercola, Gabriella Cerino, Nicola Conforto, Mattia Coppola, Vincenzo D'Ambrosio, Matteo Maria D'Antò, Ciro Giacco, Eleonora Fardella, Mariano Nicodemo, Maurizio Oliviero. Scene e luci Gianni Carluccio, costumi Daniela Cernigliaro, musiche Pasquale Scialò, suono Hubert Westkemper, coreografie Luna Cenere, trucco Vincenzo Cucchiara, parrucchiera Sara Carbone, aiuto regia Luca Bargagna, direttrice di scena Teresa Cibelli, assistente alle scene Rosa Andreottola assistente alle scene tirocinante "Accademia di Belle Arti di Napoli" Alessandra Avitabile, assistente ai costumi Nunzia Russo, assistente suono e fonico Italo Buonsenso, assistente al trucco Ludovica Pagano, assistenti alla messinscena Isabella Rizzitiello e Niccolò Di Molfetta (allievi registi della Scuola del Teatro Nazionale di Napoli), capomacchinista Enzo Palmieri, macchinista Nicola Grimaudo. datore luci Francesco Adinolfi, elettricista Diego Contegno, sarta Daniela Guida, foto di scena Lia Pasqualino. Un ringraziamento a Agostino Cossia e Benedetta Perez. Produzione Teatro di Napoli – Teatro Nazionale.

D. P.