“Prima che mi sfugga”: il romanzo d’esordio di Anne Pauly celebrato in Francia come una rivelazione

09.07.2022

Il romanzo d'esordio di Anne Pauly, "Prima che mi sfugga" (L'orma editore, 152 pagine, 16 Euro), che è stato celebrato in Francia alla stregua di una rivelazione, erige un monumento tenero e a tratti buffissimo alla memoria di un vinto. È la cronaca tragicomica degli strani giorni che seguono a un lutto, intasati dalle ritualità e dalle burocrazie della morte. Anne Pauly scava nel rapporto con un padre ingombrante per scoprire di somigliargli più di quanto non voglia, tratteggiando scene di paradossale ironia in cui, come in certi funerali, il riso si mescola improvviso alle lacrime. La trama: dopo la morte del padre, Anne si ritrova alle prese con una casa da dismettere e sentimenti contraddittori da sbrogliare. E soprattutto ha un'urgenza: ricordare subito, ricordare a caldo quella figura ambivalente e imprendibile che tanta parte ha avuto nella sua esistenza. Un operaio autodidatta, punk a modo suo, appassionato di filosofie orientali, ma anche alcolizzato e maschio violento, che ha condannato un'intera famiglia a una continua "guerra civile". Quando una lettera inattesa svela tutta la verità su quel fragile colosso, il passato deflagra e ogni certezza vacilla.

Anne Pauly è nata nella banlieue di Parigi nel 1974. Con "Prima che mi sfugga" ha vinto numerosi premi tra cui il Prix du Livre Inter 2020, il Prix Summer 2020, il Prix Robert Walser 2020 e il Prix Pauline de Simiane 2020. Marta Rizzo, la traduttrice di questo libro, ha studiato letteratura italiana e francese nelle università di Bologna e Avignone; vive a Milano dove traduce e si occupa di redazione per diverse case editrici. Ecco un assaggio del romanzo: "Rivedevo papà, enorme, ubriaco fradicio, che con il coltello in mano rincorreva la mamma attorno al tavolo da pranzo e sbraitava: «Lepelleux, smettila di pulirti il culo con la seta e bada alla casa, invece di fare la svenevole col prete!». È innegabile: da sbronzo aveva un gran gusto dell'invettiva, anche se, in realtà, nessuno da noi si puliva il culo con la seta o faceva la svenevole col prete. Mia madre, generosa e altruista, tardiva benefattrice in gonna-pantalone di jeans, si era effettivamente gettata a capofitto nelle attività parrocchiali, che di base non le si confacevano affatto, per sfuggire ai suoi eccessi alcolici, alla sua rabbia e alla sua gelosia. Ecco dove ci aveva portati tutta quella storia, ecco a chi eravamo fedeli, mi dicevo con le mani nei capelli. E oggi chi è che impugnava il coltello, e chi si puliva il culo con la seta? Non che ci tenessi a fare la parte della sofisticata, e nemmeno volevo ferire il figlio sopravvissuto, ma davvero il rovere chiaro mi sembrava un po' più adatto all'ultimo viaggio. Il pino faceva tanto cassetta della frutta, legna da barbecue, chiusura del mercato. Dopo una vita passata in una casa fai da te, su letti rialzati con cunei di legno, un po' di comodità non poteva mica far male, soprattutto a un morto".

D. P.