“Pascià”: dodicesima ristampa per il libro di Salvatore Minieri sul “clan dei casalesi”

Il libro di Salvatore Minieri, "Pascià" (Edizioni Italia, 608 pagine, 25 Euro, dodicesima ristampa), racconta – come recita il sottotitolo – che "Il clan dei casalesi è nato in una discoteca". Nel confuso ed esaltante boom degli anni '80, il primo capo carismatico della camorra casertana riuscì a trasformare un golfo assolato nella sua satrapia di morte e terrore. Politici, massoni, manager, star della televisione e persino un Presidente del Consiglio divennero la corte, complice e viziosa, di quel clan, gemellato anche con i narcotrafficanti colombiani. Fu un'epopea che cambiò per sempre la storia della criminalità internazionale. Per la prima volta, la mafia non si nascose ma governò traffici e omicidi da una discoteca. La più grande d'Europa. Esplose in una delle estati di quegli anni di scintillio e caos. Tra le macerie dell'attentato sono ancora nascosti segreti spaventosi. Sotto quei muri crollati c'è qualcosa di inconfessabile. Dopo quattro decenni, questo libro prova a raccontarlo.
Scrive Ottavio Lucarelli, presidente dell'Ordine dei giornalisti della Campania: "Un saggio sulle ramificazioni della camorra più spietata, i Casalesi, che allungano i tentacoli in altre regioni, a cominciare dal basso Lazio, area fertile per il clan Bardellino. Un saggio, non un libro romanzato. Un testo di cronaca e profonda analisi, scritto consumando le scarpe, scovando rapporti e documenti esclusivi. Un volume, un libro vero. Realizzato sul campo, partendo dai luoghi, dalle roccaforti della camorra, per arrivare nel Lazio con collegamenti al narcotraffico internazionale. Questo il lavoro realizzato con successo da Salvatore Minieri. Uno dei più bei libri sulla camorra. Neanche un rigo copiato dai giornali, ma tutto lavoro e sudore proprio. "Pascià" è un documento crudo, asciutto, vero, essenziale. E il successo editoriale, che ha spinto autore ed editore ad una nuova edizione, ne è la prova. Con una scrittura giornalistica, non romanzata, che sublima gli aspetti di cronaca e analisi. Un libro che va non solo letto ma che dovrebbe essere diffuso nei licei, nelle Università, nelle scuole di giornalismo, nelle redazioni. Perché fare giornalismo, buon giornalismo, significa, innanzitutto, raccontare i fatti, scrivere tutto, non omettere una sola virgola, ma significa anche scavare, collegare gli eventi, mettere assieme anche episodi che, ad una lettura superficiale, potrebbero sembrare ininfluenti. Un ottimo libro, certamente più vero, più lavorato, più sudato di altri celebrati romanzi di camorra. Un saggio che aiuta a comprendere la forza, i tentacoli, i collegamenti internazionali dei Casalesi, un clan che vede da anni magistratura, forze dell'Ordine e società civile in campo per contrastarne il dilagare. E il libro di Salvatore Minieri dimostra che anche i giornalisti possono, devono e sanno svolgere la propria parte".

Il giornalista Francesco Furlan scrive quanto segue: "La provincia di Latina: quasi un esperimento geografico come quelli portati a termine in Africa quando i paesi europei si divisero quel continente all'inizio del ventesimo secolo. Confini tracciati seguendo linee immaginarie, ipotetiche, e che, alla fine, crearono un luogo fatto di tante storie e quindi nessuna. Non esiste in Italia una territorio come questa provincia, così antropologicamente diverso tra nord e sud: un lembo di terra dove le spiagge assolate e i fasti millenari dell'impero romano con la sua popolazione quasi campana al sud si incontrano ma non si mescolano, quasi fossero acqua e olio, con il nord delle paludi e delle bonifiche fasciste, innestato in quel ventennio da migliaia di famiglie venete e friulane. Una provincia senza apparenti padroni, lillipuziana tra i giganti Roma e Napoli ma che dai prima anni settanta dello scorso secolo diventa terra di conquista culturale e fisica dei "Pascià", il clan dei casalesi che con la forza dell'intimidazione e del denaro, provento del traffico di rifiuti e di stupefacenti, stringe rapporti con la politica locale e nazionale costringendola a patti, scala le gerarchie criminali internazionali, droga l'economia, si impadronisce della costa e della pianura pontina fissando le proprie regole e basi logistiche: a Formia, dove impianta la discoteca più grande d'Europa, e a Latina, dove contribuisce a far sorgere la quarta discarica più grande d'Italia, poi riempiendola di ogni cosa. Salvatore Minieri come Roberto Saviano, se l'autore di "Gomorra" racconta i bassifondi di violenza e crudeltà dei clan casertani e napoletani e la loro ascesa, Pascià è il capitolo due: il piano superiore, l'irraggiungibile attico dove i criminali più spietati incontrano massoneria, malapolitica e corpi deviati dello Stato concludendo affari e tessendo le trame oscure d'Italia e d'Europa. Una torre di malaffare vista mare su quello che non è più il Lazio ma la Marina di Casale, un non luogo dove gli esseri umani sono massa informe senza identità tra le sette sale della discoteca 7 Up e i nativi, quando non si inchinano al nuovo padrone che ordina e comanda secondo regole medievali, relegati a temporanei e sgraditi ospiti".
D. P.