“Nicea, 1700 anni dopo”: tema monografico per la rivista di teologia “Concilium”

24.05.2025

La rivista internazionale di teologia "Concilium" (Editrice Queriniana, numero 1 del 2025, 169 pagine, 18 Euro) tratta un tema monografico: "Nicea, 1700 anni dopo". Si legge tra l'altro nell'editoriale: "Ogni domenica, i cristiani di tutto il mondo recitano il Credo niceno come confessione di fede, ma la maggior parte non sa che il Credo non venne concepito per diventare ciò che è poi diventato nel corso dei diciotto secoli della sua storia: una pietra angolare per tutte le confessioni cristiane, diffuso nei più diversi contesti teologici, con un forte impatto sulle culture locali e dalle molteplici implicazioni teologiche, politiche e filosofiche. Creato per scopi principalmente liturgici e catechetici, il Credo ha mostrato una doppia capacità di adattamento: di tipo culturale, come ponte verso le popolazioni di missione, e di tipo linguistico. Le traduzioni del Credo iniziarono già nel IV secolo (nelle regioni armena, siriaca e copta e, in seguito, anche nel mondo arabo) e durante l'età moderna l'espansione del cristianesimo ha favorito la produzione di traduzioni in lingue sempre più diverse, dallo slavo agli idiomi parlati in ciascuna delle cosiddette "terre di missione". Nel 2025, anno in cui le Chiese cristiane e il mondo accademico celebrano il 1700° anniversario del concilio di Nicea, Concilium offre con questo numero l'opportunità di rivisitare e riflettere su antiche discussioni, nonché di proporre nuovi approcci e cornici interpretative. In accordo con un approccio interdisciplinare e transculturale, questo numero offre tredici saggi originali di studiosi che esaminano ciascuno un aspetto dell'eredità del Credo, cercando di dimostrare il suo profondo retaggio e la sua adattabilità culturale con idee fresche, a volte provocatorie, ma sempre intellettualmente ricche. I primi quattro saggi affrontano il tema della "ricezione" del Credo nelle culture lontane dal contesto culturale greco-latino. In alcuni casi, queste popolazioni erano insediate entro i confini di quello che fu l'Impero romano, ma senza condividere l'ortodossia nicena che stava formando e unificando la cultura intellettuale cristiana occidentale nella tarda antichità. Questa era la situazione dei Goti, presentata nel saggio di Giacomo Freda Civico, che, pur rifiutando l'ortodossia nicena in favore di un Credo subordinazionista, ne adattarono le categorie filosofico-teologiche ai propri canoni culturali per essere interlocutori alternativi, ma alla pari, con il mondo latino. In altri casi, il Simbolo fu un mezzo per difendere e spiegare la fede cristiana ai non-cristiani".

M. P.