“Napoli sepolta”: un viaggio nei riti di fondazione della città nel libro di Ulrich van Loyen

29.03.2022

Capitale di un Mediterraneo di incontri e contaminazioni - oramai quasi del tutto scomparso sotto la spinta di una modernità fatta di lager e barconi della morte - Napoli riesce ancora a camminare con calzari antichi tra le strade del mondo contemporaneo. Una contraddizione che di fatto spiega l'essenza vera della città, moderna ma ricca di reminiscenze arcaiche. L'etnologo e studioso di letteratura Ulrich van Loyen, nel suo libro "Napoli sepolta - Viaggio nei riti di fondazione di una città" (Meltemi, 408 pagine, 24 Euro), interpreta la matrice cittadina sulla base del culto dei morti e delle sue molteplici manifestazioni.

Seppure sfuggita dal disincanto del mondo, Napoli è una città moderna. Tale ambiguità ha sviluppato una diffusa dimestichezza con i reami di mezzo: transgender e fantasmi, comunità adottive come famiglie, teschi anonimi venerati come antenati. Ulrich van Loyen si avventura nella penombra di queste zone liminali ricavandone un reportage scientifico che, attraverso la cultualità legata al mondo dei morti, riesce a scendere nel profondo dei meccanismi culturali della città. A guidare la ricerca non è l'alta cultura europea, che ha spesso dipinto Napoli come un'inesauribile fonte di estraneità, bensì l'osservazione partecipante alla vita delle cosiddette persone semplici e degli strati sociali subalterni.

A quanto, ad esempio, accade il lunedì di Pasqua. Ancora a notte fonda, in un tortuoso vicolo della Sanità si riuniscono i membri più giovani dell'associazione dei devoti alla Madonna dell'Arco di Sant'Anastasia. Vestiti di bianco, con una bandoliera rossa e blu che attraversa loro il petto e molto spesso scalzi, i devoti raggiungono in pellegrinaggio il santuario mariano che si trova nella zona vesuviana. La strada è un elemento centrale della devozione alla Madonna dell'Arco, un culto che raccoglie in modi molteplici la gente appunto della strada. Una umanità in cui si confondono eroi e peccatori in quello che l'autore definisce "un provvisorio che dura".

L'itinerario tracciato da Ulrich van Loyen non è inquadrabile tra i prodotti dell'industria culturale partenopea, particolarmente attenta all'immagine rassicurante della metropoli turistificata e gentrificata. In "Napoli sepolta", partendo dai vicoli bui della Sanità, si scende nel profondo delle cripte delle "Anime del Purgatorio", in territori di confine dove i camorristi si presentano come assistenti sociali e le veggenti vogliono far parlare i morti e rovesciare il clientelismo politico. In tali dimensioni la vita quotidiana rappresenta il più grande segreto da scoprire, la famiglia un mistero da decifrare e la città una crisi permanente.

Massimiliano Palmesano