“La lettera uccide”: un libro di Carlo Ginzburg sulle prospettive della microstoria
Carlo Ginzburg è tra gli intellettuali italiani più importanti dei nostri tempi: alcuni suoi libri come I benandanti, Il formaggio e i vermi e Storia notturna sono conosciuti in tutto il mondo per avere inaugurato nuove traiettorie della storiografia moderna. Le streghe e gli sciamani che popolano i suoi lavori, infatti, sono sopra ogni altra cosa "casi" da cui trarre riflessioni sul rapporto tra morfologia e storia, tra cultura subalterna e cultura dominante, sugli stereotipi narrativi che hanno interessato gli strati sociali marginali nell'Europa medievale e moderna. Il nome di Carlo Ginzburg è legato indissolubilmente a quello della "microstoria": termine che non va inteso quale riferimento a una historia minor - come spesso erroneamente si ritiene - bensì alla profondità dello sguardo storiografico, capace di carpire dettagli microscopici.
Carlo Ginzburg nel libro "La lettera uccide" (Adelphi, 252 pagine, 30 Euro) fornisce una prospettiva inedita della microstoria attraverso l'analisi di vicende tra loro apparentemente non in connessione. L'obiettivo dei saggi contenuti nel volume - lavori degli ultimi venti anni, più due inediti - è quello di "far emergere la complessità che si nasconde nella dimensione letterale di un testo". Vocazione che è possibile evincere già dal titolo del volume: un riferimento chiaro a Paolo di Tarso e al suo "La lettera uccide, lo spirito dà vita", parole che contrapponevano alla legge giudaica in cui era nato la nuova fede - il cristianesimo - di cui fu il fondatore. Tale complessità che si nasconde nella dimensione testuale è indagata grazie all'analisi ravvicinata di fatti specifici nei quali emerge una versione della microstoria in una prospettiva finora non indagata.
Al centro dei casi sottoposti ad "esperimento" ci sono personaggi famosi come Machiavelli, Michelangelo e Montaigne, o semisconosciuti come Jean-Pierre Purry e La C.***; testi come La fine del mondo e Il mondo magico di Ernesto de Martino o immagini e opere d'arte come la Pietà Rondanini; un tema come la rivelazione o una lettera dell'alfabeto; riti indiani e giudaici. Da tale apparente pluralità di riferimenti viene tratto da Ginzburg un filo conduttore, un elemento ricorrente: la riflessione sul metodo, sugli intrecci tra "caso" e "caso", tra studi di caso ed elementi casuali, spesso prodotti deliberatamente. Metodologia che per molti aspetti è tributaria delle riflessioni dello storico e critico dell'arte Aby Warburg: la sua massima "Il libro di cui hai bisogno si trova accanto a quello che cerchi" viene utilizzata da Ginzburg per avvertire il lettore sui risvolti, spesso imprevedibili, che il lavoro di ricerca può produrre.
Massimiliano Palmesano