La grande illusione dell’industria al Sud in un libro di Bruno Ranucci sulla Pozzi di Sparanise

Il libro di Bruno Ranucci, "La grande illusione" (408 pagine), racconta – come recita il sottotitolo – "L'industrializzazione del Mezzogiorno – La manifattura ceramica Pozzi di Sparanise". Bruno Ranucci scrive tra l'altro: "La copertina di questo testo, secondo l'autore, dovrebbe essere la sua chiave di lettura. Il titolo "La Grande Illusione" è, innanzi tutto, il riferimento non solo alle speranze perdute della popolazione di un intero territorio, dopo la chiusura della Pozzi, la grande fabbrica sorta a Sparanise, nell'Agro caleno, nella Campania felix dei Romani, nel quadro dell'industrializzazione del Mezzogiorno avviata negli anni '50, ma anche al fallimento del progetto di poter colmare, in questa provincia di Caserta, come in tutto il meridione d'Italia, con quegli insediamenti, tipici di un'industrializzazione importata e incompleta e di una modernizzazione "passiva", il divario tra Nord e Sud, invece di avviare una riflessione sullo sviluppo locale per favorire meccanismi autonomi di creazione della ricchezza in grado di promuovere un definitivo processo di convergenza con le aree più sviluppate del paese. La copertina, invece, con l'immagine, abbastanza cupa, di un capannone, rimanda, senz'altro, all'estraneità dell'ambiente della fabbrica-città che, almeno all'inizio, molti operai poterono percepire: un luogo lavorativo molto diverso da quello della maggior parte di loro, contadini abituati, fino ad allora, a lavorare all'aria aperta, a sentire l'odore del fieno tagliato, delle zolle fumanti della terra, incisa dal vomere dell'aratro trainato dai buoi per prepararla alla semina, "dell'aspro odor di vino" ricavato dalle loro vigne per "l'animo a rallegrar "… La conferma di un luogo "diverso" non solo dal loro ambiente naturale, ma anche di un luogo in contrasto con la naturale vocazione di un territorio dedito all'agricoltura, che avrebbe potuto essere aiutata a modernizzarsi, ovvero a sviluppare altri settori, come il tessile, per esempio, se si pensa che in quel territorio, da tempo, addirittura già dal Settecento (1776), era stata presente e florida la celebre Real Colonia Serica di S. Leucio da dove uscivano manufatti di seta in grado di vestire ogni dimora di eleganza; o come il turismo, partendo dall'attrazione della Reggia di Caserta, anch'essa di ispirazione borbonica, "scolpita nella sua polvere rosa, di quel rosa che hanno le architetture dei sogni " (P.P. Pasolini) che, fin dalla sua costruzione, aveva retto alla grande il confronto con la famosa Reggia di Versailles, in Francia.
Invece, quel territorio era destinato, oltre che essere industrializzato e modernizzato, ad essere "violentato" da un insediamento manifatturiero che (solo sulla carta) avrebbe dovuto attrarre investimenti e produrre uno sviluppo che, in realtà, non ci fu; come non ci fu, e per molte ragioni non ci sarebbe potuto essere, conseguentemente, nemmeno un progresso. Il presente volume, secondo l'intenzione dell'autore, non vuole essere un trattato di economia né un saggio sociologico, non essendo egli uno specialista in materia, ma, più modestamente, un tentativo di comprendere il perché di alcune scelte che interessarono, insieme al Meridione, un territorio che subì quasi una rivoluzione antropologica: nei costumi, negli stili di vita, nei rapporti sociali e familiari. Innegabilmente, l'insediamento industriale della Pozzi portò vantaggi economici alla zona da cui provenivano gli operai ma, dopo un primo periodo di euforia, di progetti e di speranza, sopravvenne il tempo della crisi, dei ripensamenti, della delusione. Il punto di vista, sempre dell'autore, originario del paese dell'insediamento, sulle vicende che diedero vita e morte ad una grande fabbrica, narrate con una malcelata critica verso le politiche di "un'industrializzazione senza progresso" e contro le tante speculazioni dell'epoca, potrà apparire a qualche lettore troppo di parte, ma, si sa, che chi scrive o si interessa di cose meridionali non può non diventare un "meridionalista convinto".
A. P.