“La disputa messianica”: un bellissimo libro Adelphi di Israel Knohl

06.11.2025

Un libro bellissimo, straordinario, da leggere assolutamente, quello di Israel Knohl, "La disputa messianica" (Adelphi, 218 pagine, 22 Euro, traduzione di Margherita Pepoli), che racconta – come recita il sottotitolo – "Farisei, sadducei e la morte di Gesù". Una narrazione rigorosa e avvincente, che getta nuova luce sul processo a Gesù e smantella stereotipi e pregiudizi consolidati. Una secolare tradizione iconografica e una vasta letteratura si sono diffusamente interrogate sulla sequenza centrale del processo a Gesù: il «faccia a faccia» con Ponzio Pilato e con le istituzioni degli occupanti romani, le sole tenute a eseguire la sentenza. Pressoché sconosciuta, invece, è la sequenza precedente, cioè la disputa tra farisei e sadducei intorno all'identità di Cristo come Messia. Una sequenza che ora Israel Knohl restituisce in modo magistrale, seguendo in un percorso inedito lo sviluppo millenario di due correnti contrapposte del pensiero biblico, messianica e antimessianica, che collidono drammaticamente nel processo a Gesù. Portatori di una visione «popolare», i farisei credono alla venuta di una «figura eccelsa» in grado di restaurare «la grandezza della Casa di Davide», e pur non riconoscendo in Gesù quella figura, abbracciano la posizione filomessianica. All'opposto, è l'idea stessa di messianismo a risultare blasfema per i sadducei, che ne rigettano le ragioni ultime, dalla resurrezione dei morti ai concetti di premio e castigo. Alfa e omega di questa radicalità dottrinaria, la distanza incolmabile tra il divino e l'umano, a sua volta riconducibile a un'interpretazione severa della Torah. Nel rimarcare come il giudizio su Gesù spettasse proprio ai sadducei – egemoni nel Sinedrio –, Knohl smantella con la sua avvincente narrazione una serie di stereotipi e pregiudizi consolidati: dimostra come le radici teologiche del processo a Gesù siano da ricercarsi in un conflitto interno al giudaismo, non tra giudaismo e (proto)cristianesimo; e come le responsabilità della sua morte non si possano in alcun modo ascrivere al «popolo ebraico nel suo complesso» (Concilio Vaticano II), come vuole l'adagio «deicida» a lungo impresso quale marchio indelebile su un'intera comunità.

Ecco un assaggio del libro: "Questa analisi ha risvolti di ampia portata nel contesto delle relazioni fra ebrei e cristiani. Essa dimostra quanto sia fondamentalmente erronea l'idea che «gli ebrei » avrebbero ucciso Gesù. In primo luogo, a uccidere Gesù furono i romani, poiché agli ebrei non era permesso di eseguire condanne a morte sotto la dominazione romana. In secondo luogo, sebbene la quasi totalità degli ebrei del tempo non avesse accettato Gesù come Messia, la maggior parte di essi aveva comunque una concezione del Messia molto simile a quella di Gesù. Il 28 ottobre 1965, il Concilio Vaticano II ha fatto un primo fondamentale passo dichiarando che il popolo ebraico nel suo complesso non deve essere ritenuto responsabile della morte di Gesù. Malgrado la sua importanza, tale dichiarazione non si basava su uno studio dettagliato degli eventi storici. Nel gettare una nuova luce sulle circostanze che portarono alla crocifissione di Gesù, questo libro fornisce per la prima volta un solido fondamento storico a sostegno della dichiarazione conciliare. Mi auguro che La disputa messianica possa dar vita a un nuovo dialogo fra ebrei e cristiani e contribuire a sanare questa relazione fondamentale".


A. P.