Il romanzo di Anna Vera Viva racconta un mistero tra gli oscuri vicoli di Napoli

31.05.2023

Il romanzo di Anna Vera Viva, "L'artiglio del tempo" (Garzanti, 276 pagine, 17,90 Euro), racconta – come recita il sottotitolo – "Un mistero tra gli oscuri vicoli di Napoli". La Sanità è un'isola e per navigare il mare che la circonda ci vogliono passione, abilità e coraggio. Lo sa bene padre Raffaele, da poco tornato nei luoghi dove ha vissuto i primi anni di un'infanzia rubata e dove l'ombra di Peppino, il fratello malavitoso che il destino gli ha dato in sorte, si allunga su ogni evento del quartiere. Questa volta, però, un'altra fosca ombra avvolge le indagini del prete e della sua perpetua: è l'ombra della storia; di una guerra lontana che sembra ancora vicina; di una Napoli che si ribella ai nazisti. C'è un morto che non è una persona come le altre: sul braccio porta tatuati i numeri che ricordano un orrore impossibile da dimenticare. È Samuele, l'anziano venditore di cappelli che viene trovato senza vita nel suo negozio. Per tutti si tratta di un incidente, ma nulla di quanto accade alla Sanità risponde alla spiegazione più logica e padre Raffaele, convinto che la morte di Samuele sia strettamente allacciata a quel tempo, si trova a ripercorrere eventi che parevano ormai lontani. Perché lui sa che la storia ha tentacoli lunghi e che il male scorre in fiumi che giungono fino a noi. Così il sangue del passato si mescola con quello del presente, si insinua negli stessi vicoli, ma parla parole nuove che padre Raffaele dovrà decifrare.
Le atrocità della seconda guerra mondiale tornano a riaffiorare, ma Napoli sa come resistere e non lasciarsi zittire da niente e nessuno.

Ecco un assaggio del libro: "Napoli, 24 aprile 1943 - Il suono delle sirene fu quasi contemporaneo al boato del primo ordigno che cadde al suolo. Vicino, così vicino che il tremare della terra li fece vacillare. Samuele aveva appena smesso di baciarla e allentato il suo abbraccio. Miryam restò così, sospesa in un attimo che sapeva ancora delle sue labbra e di paura, stordita e immobile. Sentì una mano che l'afferrava e uno strattone che la costringeva a correre. Dov'erano, dove si erano fermati? Il mare, erano vicini al mare. Ma da quale lato? Qual era il rifugio più vicino? Aveva la mente annebbiata e, mentre correva, non vedeva altro che immagini sfocate, sconosciute. Ma era il suo quartiere, doveva esserlo, non avevano camminato tanto. Intorno a lei, grida, respiri affannosi, a volte uno strano silenzio. La decisione con cui Samuele quasi la trascinava la confortò. Lui sapeva dove stavano andando. Correvano tutti, come un gregge impazzito. Ognuno inseguendo la propria speranza di salvezza. Urtarono contro una massa di persone che si accalcava all'ingresso del rifugio. Li riconobbe pur non conoscendoli: madri livide, neonati al seno, bambini irrequieti e curiosi. Fagotti col cibo, abiti approssimativi, coperte sottobraccio, gavette con i residui del pasto interrotto. Tutti abituati, eppure colti alla sprovvista. L'umanità da esodo che incontrava ogni volta. S'inoltrarono nella cava, la ressa si disperse negli ampi spazi. Trovarono un posto dove sedersi, uno accanto all'altra. Un boato fece tremare il tufo, che rilasciò una polvere fine, e l'illuminazione, fioca e tremolante, divenne color dell'oro. Quasi una magia. Nessuno fiatò e il tempo prese la forma dell'attesa".

D.P.