“Il mestiere di vivere”: in un libro il diario e il taccuino segreto di Cesare Pavese
Cesare Pavese è una delle figure più importanti della letteratura e del pensiero italiani del Novecento, le sue opere e la sua vicenda umana sono uno snodo ineludibile per la comprensione di un'intera epoca. Nel volume "Il mestiere di vivere – Diario 1935-1950 con il taccuino segreto" (Bur, 628 pagine, 12 Euro), in questa edizione con prefazione di Nadia Terranova e introduzione di Enrico Mattioda, è possibile ricostruire un ventennio della vita di Pavese attraverso le annotazioni di ogni giorno e, soprattutto, il suo taccuino segreto. Le pagine del libro sono insieme il giornale della sua vita e un esame di coscienza per l'autore che racconta se stesso come riflesso a uno specchio, consegnando al lettore un manifesto di alta poetica che, attraverso la lente della letteratura, riflette l'uomo e lo scrittore.
"Il mestiere di vivere" riporta istante per istante i pensieri e le esperienze di Pavese in un lungo arco cronologico, interrompendosi solo a pochi giorni dalla morte, avvenuta il 27 agosto 1950. "Il taccuino", invece, è formato da una ventina di fogli redatti tra il 1942 e il 1943: uno dei periodi più tormentati dell'esistenza di Pavese. Documento è rimasto per lungo tempo "segreto" perché ritenuto la testimonianza "scomoda" di un momento di debolezza, a causa delle annotazioni politiche che evidenziano una sua vicinanza ideale e sentimentale al fascismo della Repubblica Sociale Italiana, quella di Salò. Le critiche e i giudizi negativi nei confronti del taccuino, come sottolinea Nadia Terranova nella prefazione, rispondono nella realtà all'"idea che ci eravamo fatti di Pavese e alle idee che di lui siamo abituati a supportare". Il controverso "taccuino segreto" ha il merito di mostrare quanto avere delle idee significhi metterle alla prova, nel serrato confronto con il diverso sé; d'altronde, il 18 ottobre 1939 – come si evince dalle pagine del diario – Pavese scriveva: "Giudicare dei personaggi significa farne delle macchiette".
Più che allo scopo di formulare dei giudizi, le pagine di questo libro sofferto e inquieto vanno attraversate con la curiosità del viaggiatore per avventurarsi nei meandri del pensiero e delle emozioni di Pavese, fino ai territori più bui abitati dai tormenti che lo spingeranno a togliersi la vita in una camera dell'albergo "Roma", a Torino. Il taccuino, in particolare, va letto senza pregiudizi, andando oltre le categorie che contrappongono il Pavese "di sinistra" a quello legato alla cultura irrazionalista "di destra".
"Il mestiere di vivere" è uno dei pochi esempi di diario di scrittore nella letteratura italiana. Nelle tormentate sue pagine Pavese si confronta con se stesso, con le vittorie e i fallimenti, fino al tragico epilogo della sua vita caratterizzata dalla solitudine e dall'isolamento. Un libro che è sia fonte storico-letteraria sia un mezzo attraverso il quale possono emergere la complessità e le ambivalenze della figura intellettuale e umana di uno dei più grandi autori italiani del Novecento.
Massimiliano Palmesano