“Il dio che danza”: viaggi, trance e trasformazioni in un libro di Paolo Pecere

25.01.2022

In un'epoca di viaggi low cost e di distanze accorciate, l'essere umano ha dimenticato che è possibile viaggiare anche restando immobili. È quanto fanno da millenni gli sciamani al suono dei tamburi o alleandosi con piante magiche: abbandonano temporaneamente il corpo, cadono in trance, dal latino transitus ovvero l'attraversare, il varcare. Viaggi caratterizzati da una transitoria perdita del sé e del mondo quotidiano. Non bisogna raggiungere terre lontane e misteriose per farne esperienza, le tarantolate pugliesi sono un esempio a noi vicinissimo.

Paolo Pecere nel suo libro "Il dio che danza - Viaggi, trance, trasformazioni" (Edizioni Nottetempo, 340 pagine, 18 Euro) racconta le sue esperienze alla scoperta delle tracce di un fenomeno antichissimo e universale: appunto la trance da possessione indotta dalla danza e dalla musica. Una particolare tecnica dell'estasi, antica quanto l'essere umano e diffusa in ogni angolo del pianeta con forme diverse ma tutte con lo stesso fine: la connessione in spirito con dimensioni non ordinarie. Nell'antica Grecia tali tecniche venivano praticate in nome di Dioniso, il "dio folle" di Omero. Dioniso era anche "dispensatore di gioia": il dio che scioglie e che libera. Per gli antichi greci era l'incarnazione stessa della vita che rompe i margini fragili dell'io e delle norme sociali.

Paolo Pecere scandisce le tappe di un lungo viaggio che parte con il tarantismo pugliese, sulle orme di Ernesto de Martino, e - seguendo collegamenti storici e mitologici - giunge fino nell'India Meridionale, dove nel rituale popolare del theyyam gli dèi entrano nel corpo dei danzatori che appartengono alle caste più basse. Un itinerario fatto di misticismo, istituti cerimoniali e trasformazioni magiche che attraversa pure il Pakistan, dove il pensiero scivaita teorizza che "il sé è un danzatore" e dove i sufi vanno in estasi ruotando al ritmo della musica. Non mancano riferimenti all'Africa, nei luoghi delle possessioni dello zâr e del vodu; e al Brasile, dove il vodu, arrivato con la tratta degli schiavi, si affianca alle culture e ai culti indigeni tra cui lo sciamanismo amazzonico. L'ultima tappa di questo avvincente viaggio è New York, una delle capitali del mondo contemporaneo, dove riemerge con forza la questione che attraversa e guida tutto il percorso: che cosa resta di questo tipo di pratiche nel mondo odierno?

Le antiche forme della trance e dell'estasi assumono oggi nuove funzioni: nel subcontinente indiano le danze estatiche veicolano tensioni religiose e sociali, in Africa e Brasile sostengono l'identità culturale di chi è stato colonizzato, negli Stati Uniti si accompagnano allo sviluppo della cultura lgbtq. Lo sciamanismo amazzonico, con la stessa potenza dei secoli scorsi, sta diventando motore di resistenza contro la distruzione capitalistica della grande foresta.

Massimiliano Palmesano