I grandi maestri Samuel Beckett e Peter Handke al Teatro Astra di Torino, regia Barletti/Waas

15.05.2025

Al Teatro Astra di Torino, dal 17 al 31 maggio 2025, sarà in programma – riferisce un comunicato stampa – "L'ultima parola", un progetto di Barletti/Waas, con i seguenti due testi: "L'ultimo nastro di Krapp" di Samuel Beckett e "Finché il giorno non vi separi" di Peter Handke; con Lea Barletti e Werner Waas, regia Barletti/Waas. Un duello tra Beckett e Handke, grandi maestri del teatro, in cui la recitazione incontra la performance, il passato si scontra con il presente, l'arte di recitare si misura con quella di ascoltare, la ripetizione con l'imprevedibilità del qui ed ora. Un unico spettacolo per due testi diversi, due monologhi lontanissimi in tutto, giocati uno di seguito all'altro come in un dialogo, come un'eco, per favorire un confronto sul potere e la memoria. Ma come nasce un dialogo? Chi avrà l'ultima parola? L'attore di Beckett o la donna senza nome di Handke? Ma soprattutto: è davvero necessario che qualcuno abbia l'ultima parola?

Alla fine, e questo è significativo a più livelli e non solo per la naturale sequenza dei due monologhi, l'ultima parola ce l'ha la donna. La pièce di Handke, in opposizione o in risposta a L'ultimo nastro di Krapp, messa in scena per la prima volta nel 2008 alla Comédie de Valence quando il testo di Beckett aveva esattamente 50 anni, è una rarità sui palcoscenici dei teatri. Dopo la prima i due monologhi furono poi messi in scena da Jossi Wieler per Salzburger Festspiele con Nina Kunzendorf e André Jung. E mentre il Krapp di Beckett diventava sempre più un ruolo in cui brillare per vecchie star maschili (ai grandi attori d'un tempo come Martin Held, Bernhard Minetti, Klaus Maria Brandauer seguirono Otto Sander, Josef Bierbichler, per finire con Robert Wilson), la replica femminile di Handke rimase in gran parte inesplorata e praticamente mai recitata.

Ora il duo teatrale italo-tedesco Barletti/Waas ha osato a sua volta affrontare i due monologhi. Werner Waas è seduto su una sedia, vestito di un abito grigio sporco, reso rigido fino a sembrare una corteccia o un carapace, e mangia la prima banana. Niente nastri registrati, niente scrivania, niente scivoloni sulle bucce di banana. Tutto accade attraverso il pronunciare le didascalie davanti a una tenda grigia che circonda un piccolo rettangolo. Il testo propriamente parlato dal personaggio è piuttosto esiguo e in gran parte costituito da ricordi che Krapp riascolta dai suoi nastri registrati in forma di diario come da una sua seconda voce. La parola più ricorrente nelle didascalie è "pausa". Per questa struttura Waas non ha altro a disposizione che le modulazioni della sua voce e l'espressione minimal-pantomimica delle sue mani – ma la sfida riesce! Per le uscite di Krapp sul fondo della scena per le sue bevute di Whisky, così come sono indicate nel testo, Waas conta i secondi che passano con le dita. Questo Krapp ridotto all'osso e più inconsueto di sempre affascina sul suo piccolo trono-sedia fino all'ultimo momento, quando resta in scena soltanto l'abito vuoto, dal quale Waas si sfila. Poi cade, con un effetto clamoroso, il sipario grigio e si vede uno spazio vasto, con una tribuna di sedie vuote. In mezzo, Lea Barletti, microfono in mano, camicia blu e pantaloni eleganti, nel suo Italiano articolato in modo extra melodioso: Il mio gioco adesso! Luca Canciello sta seduto sul lato destro e produce dal vivo, seguendo il ritmo del testo, dei sound dissonanti, accompagnando così ciò che sulle prime sembra essere un attacco di Lea Barletti al vestito-scultura rimasto in scena.

Ma in fondo si tratta di altro. Perché il personaggio di Handke non è quello, rimpianto con un senso di fallimento da Krapp nei suoi ricordi su nastro registrato, della donna amata, allora, nella barca, nel canneto. Ma è piuttosto una persona reale del teatro, o una attrice, che reagisce, con vitalità squisitamente femminile, a tutta quella tematica di Beckett-Krapp dello scrittore perso e senza successo, redatta da un outsider che più tardi sarebbe diventato famoso. Con il suo personale piacere per la lingua, lì dove Krapp da parte sua si attacca soltanto a singole parole quali "Bobiiina" come a delle banane. È proprio ciò che Lea Barletti fa, nella sua lingua madre, dando così a tutta la messa in scena, nella sua struttura bilingue (con i sopratitoli d'obbligo), una forza enorme. Barletti guarda il pubblico raggiante e allo stesso tempo interrogativa. "Non ti saresti mai aspettato una risposta da parte mia? Nemmeno un'eco. Nemmeno un riverbero. Tu il suono, e io il riverbero." E suona come una domanda rivolta anche a tutta la tradizione del teatro tedesco fatta di vecchie star in ruoli in cui brillare. Con L'ultima parola, la loro quinta messa in scena di testi di Handke, a Barletti/Waas è riuscita la più bella di tutte, poiché la più ricca di riferimenti nella sua bilingualità qui particolarmente efficace. In Germania nel prossimo futuro si potrà vedere a Landshut, in Italia a Genova, Torino e Pescara. L'ultimo nastro di Krapp: in accordo con Arcadia & Ricono Ltd per gentile concessione di Curtis Brown Group Ltd. Finché il giorno non ci separi: copyright della Suhrkamp Verlag AG Berlin per gentile concessione dell'Agenzia Danesi Tolnay.

CREDITI – Testi: "L'ultimo nastro di Krapp" di Samuel Beckett, "Finché il giorno non vi separi" di Peter Handke. Un progetto di Barletti/Waas, con Lea Barletti e Werner Waas, regia Barletti/Waas. Sound design e musiche originali eseguite dal vivo Luca Canciello, scenografie Ivan Bazak, light designer Andrea Torazza, assistente alla regia Paolo Costantini, consulenza luci Pasquale Mari. Produzione Fondazione Luzzati – Teatro della Tosse, Barletti/Waas, TPE – Teatro Piemonte Europa, Florian Metateatro e con il sostegno di CSS / Dialoghi, Residenze delle arti performative a Villa Manin. "L'ultimo nastro di Krapp" in accordo con Arcadia & Ricono Ltd per gentile concessione di Curtis Brown Group Ltd. "Finché il giorno non ci separi" copyright della Suhrkamp Verlag AG Berlin per gentile concessione dell'Agenzia Danesi Tolnay, con il sostegno di Goethe Institut Culture Moves Europe.

Le foto che pubblichiamo a corredo di questo articolo sono di Paolo Costantini.

M. P.