Al Teatro “Gobetti” di Torino “Otello” diretto e interpretato da Jurij Ferrini

08.01.2023

Come informa un comunicato dell'Ufficio stampa, "martedì 10 gennaio 2023, alle ore 19.30, debutta in prima nazionale al Teatro "Gobetti" di Torino "Otello" di William Shakespeare nella traduzione di Emilio Cecchi e Giovanna Cecchi e per la regia di Jurij Ferrini. In scena insieme a Ferrini, Rebecca Rossetti e (in ordine alfabetico) Paolo Arlenghi, Sonia Guarino, Maria Rita Lo Destro, Agnese Mercati, Federico Palumeri, Stefano Paradisi, Michele Puleio. Le scene sono di Jacopo Valsania, che ha curato anche le luci insieme a Gian Andrea Francescutti, i costumi sono di Agostino Porchietto, e il suono di Gian Andrea Francescutti".

Il comunicato così prosegue: "Jurij Ferrini dirige e interpreta la più celebre tragedia sulla gelosia: l'Otello di Shakespeare. L'intreccio di veleni e calunnie che strangola il Moro di Venezia, la sua amata Desdemona e il perfido Iago diventa qui la cornice narrativa per una chiave di lettura in stretto dialogo con il nostro presente e incentrata sui temi scottanti della discriminazione, della cospirazione e dell'intolleranza. Tarli sociali della nostra contemporaneità, che troveranno specchio nello Iago androgino interpretato da Rebecca Rossetti, e nel suo piano di distruzione (e autodistruzione) macerato in un disarmante disprezzo per la vita. Lo spettacolo, prodotto da Progetto U.R.T. e dal Teatro Stabile di Torino - Teatro Nazionale, sarà replicato per la Stagione in abbonamento dello Stabile fino a domenica 5 febbraio 2023".

Il comunicato stampa riporta anche le seguenti "Note di regia di Jurij Ferrini": «Quando leggo un testo, soprattutto un grande classico, non posso fare a meno di chiedermi che cosa possa significare per il pubblico di oggi. Un matrimonio segreto fra un maturo alto ufficiale di colore e la giovane figlia di un importante senatore nelle grazie del governo di una qualche potenza occidentale, proprio la notte prima di partire per una guerra lontana... Sono le premesse che - estrapolate dal loro contesto storico originale - mi permettono di avvicinare prospetticamente questa vicenda alla nostra falsa coscienza occidentale e costituiscono uno straordinario materiale per un lucido e appassionante esame del viaggio a ritroso, e contro natura (come si risalisse la corrente di un fiume), da un infinito oceano d'Amore, fino alle fonti dell'Odio più puro; dal mare di Luce che è la vita di ogni essere umano, alla più spaventosa delle Tenebre, quella della morte; dalla prosperosa Pace in cui avrebbe senso restare, alla furiosa Guerra che ha sempre segnato il destino di donne e uomini. E così, nella mia immaginazione, la storia del nero Otello diventa la storia d'amore di un generale delle forze armate occidentali, di stanza con le sue truppe a presidiare una esotica e meravigliosa isola (Cipro nell'originale) per difenderla da forze nemiche mediorientali (i Turchi), accompagnato al fronte dalla sua splendida moglie, una donna bellissima, giovanissima, estremamente libera ed intelligente, (Desdemona) che lo ama profondamente contro tutti i pregiudizi di una società ancora fortemente razzista - come in parte lo è ancora la nostra, del resto - e da un suo ufficiale, un uomo di cui si fida moltissimo (Iago), altrettanto intelligente, del tutto affidabile in apparenza e votato, nel suo intimo, ad un oscuro nichilismo e alla distruzione di ogni istinto vitale. Questo rapporto triangolare porterà le forze del puro amore (di cui Desdemona in quest'ottica è funzione) e dell'odio più profondo (di cui è invece funzione Iago) a scontrarsi ferocemente nel cuore del protagonista, fino a rapirgli la mente e a condurlo verso il baratro di una gelosia folle e omicida. Il dramma privato della gelosia diventa così - in una visione più collettiva - la tragedia della violenza umana che ha sempre avuto, purtroppo, ottimi motivi per essere scelta; almeno rispetto alla via molto più complessa e articolata del dialogo, dell'approfondimento e della reciproca comprensione. Un dialogo necessario per quella rivoluzione umana che non possiamo smettere mai di cercare; a partire proprio dal rivoluzionare noi stessi; riconoscendoci sempre nell'avversario e inchinandoci alla sua umanità, che rispecchia esattamente la nostra».

C. S.