“Miti, emblemi, spie”: un’edizione ampliata del cruciale libro di Carlo Ginzburg

24.10.2023

Nuova edizione ampliata del cruciale libro di Carlo Ginzburg "Miti, emblemi, spie" (Adelphi, 332 pagine, 35 Euro), opera divisa in due parti: la prima riproduce con minime correzioni e alcune integrazioni bibliografiche l'edizione Einaudi del 1986; la seconda è formata da quattro saggi – uno inedito e tre inediti in italiano – e una postfazione. "Miti, emblemi, spie" è una straordinaria raccolta di saggi, pubblicati tra il 1961 e il 1984, che affrontano temi all'apparenza diversi: dalla stregoneria alla questione della conoscenza proibita nel '500 e '600; dai codici della figurazione erotica di Tiziano all'«uomo dei lupi» di Freud, interpretato come un lupo mannaro mancato; da Aby Warburg all'intreccio tra riflessioni sul mito e ideologia nazista negli scritti di Georges Dumézil. In realtà si tratta di tematiche che – seppure diverse - vengono ricostruite e analizzate attraverso alcune costanti e alla luce di comuni riflessioni metodologiche. Uno dei fili conduttori che attraversano il volume è il rapporto tra storia e morfologia, dove quest'ultima è intesa e usata da Ginzburg «come una sonda, per scandagliare uno strato inattingibile agli strumenti consueti della conoscenza storica» (p. 20). Gli scritti che compongono la raccolta rappresentano le tappe del percorso intellettuale e scientifico dell'autore dagli esordi alla metà degli anni '80 del Novecento. Vi è ovviamente la riflessione sulla storia delle classi subalterne ispirata da Gramsci e il lunghissimo lavoro di ricerca sul sabba stregonesco che condurrà a "Storia notturna", l'interesse per la figura e l'opera di Aby Warburg (scoperto grazie a Delio Cantimori) e le sperimentazioni appunto morfologiche influenzate, tra gli altri, da Goethe e Propp.

La morfologia ritorna, con una prospettiva diversa, anche negli scritti inediti che formano la seconda parte del libro, tutti imperniati sulla nozione di «testo invisibile» proposta in "Spie. Radici di un paradigma indiziario". Ginzburg rilegge il libro dopo quarant'anni, a partire da un tema fondamentale che in "Spie" sembrava mancasse: il rapporto tra indizi e prove. I vari saggi che compongono il volume, infatti, sono basati in misure diverse sulla decifrazione di indizi. Ginzburg, analizzando i saggi retrospettivamente, si è chiesto se la ricchezza cognitiva degli indizi avesse indotto a trascurare l'importanza delle prove, un dubbio che ha portato a riesaminare da un'angolazione inattesa la sequenza partendo dalla triade Morelli-Freud-Sherlock Holmes e giungendo da un lato verso i cacciatori del Neolitico dall'altro verso il presente.

La prima parte del libro è aperta da "Stregoneria e pietà popolare. Note a proposito di un processo modenese del 1519"; seguono "Da A. Warburg a E. H. Gombrich. Note su un problema di metodo", "L'alto e il basso. Il tema della conoscenza proibita nel '500 e '600" e "Tiziano, Ovidio e i codici della figurazione erotica nel '500". Gli ultimi tre contributi della prima parte sono il fondamentale "Spie. Radici di un paradigma indiziario", "Mitologie germanica e nazismo. Su un vecchio libro di Georges Dumézil" e "Freud, l'uomo dei lupi e i lupi mannari". I quattro saggi della seconda parte sono: "Di natura buona scimia", "Mise en abyme. L'immagine dentro l'immagine", "Bing, Warburg, Traube. Sulla trasmissione dei testi e delle immagini" e "Testi invisibili, immagini visibili". L'insieme apparentemente eterogeneo dei temi del libro accende numerosi interrogativi a cui Ginzburg, esperto cacciatore di indizi, cerca di rispondere da par suo.

Massimiliano Palmesano